Pubblicato su politicadomani Num 88 - Febraio 2009

Cave di Chiaiano-Marano
Dall’emergenza al disastro ambientale. Responsabilità e connivenze
Scelte improvvide sulla questione smaltimento rifiuti a Napoli rischiano di provocare danni irreparabili per molti anni. Dietro le colpe di amministratori e imprese c’è tuttavia la lunga mano delle banche

2a parte

Sfruttati e sfruttatori
Se si dà seguito al piano discarica di Chiaiano-Marano è molto probabile che l’intero acquedotto di Napoli e della provincia venga avvelenato dalle infiltrazioni di percolato: la contaminazione delle risorse idriche sarebbe un disastro ambientale per le prossime tre generazioni. C’è consapevolezza della gravità della situazione da parte di chi potrebbe intervenire?

No. La Campania e i campani sono gente da sfruttare. Dietro questo dramma di gente che si ammala, di produzione agricola e casearia che va a male (cosa importa se si rovina l’area di produzione delle mozzarelle?), c’è un gigantesco affare. Dietro c’è l’Abi, l’Associazione delle banche italiane. Sono loro che finanziano gli inceneritori e sono loro che prendono i soldi per bruciare i rifiuti. E poiché i ricchi contributi statali, i Cip6 che tutti noi paghiamo come soprattassa sulla bolletta energetica, sono in proporzione con la quantità di rifiuti bruciata, più l’inceneritore brucia più Cip6 prende. E non importa se la Campania, dove è stato portato e seppellito di tutto, diventa terra di veleni. C’è la selva di Chiaiano, il polmone verde di Napoli? Che importa? C’è l’acqua sotto? Chi se ne frega.

Interessi e responsabilità
Come si è arrivati a una tale emergenza ambientale? Di chi è la colpa principale? Chi ci guadagna?

Nel 2004, per superare l’emergenza che si era creata in Campania, l’allora governo (Berlusconi) promulgò l’ordinanza di protezione civile - richiamando sempre l’art. 5 della legge 2251 -, con la quale si stabiliva la costruzione dell’inceneritore. Io allora facevo parte della Commissione VIA (Valutazione di Impatto Ambientale). La commissione però non avrebbe potuto fare una valutazione normale perché per problemi di ordine civile il via libera alla costruzione era già stato dato nell’agosto del 2005: non si poteva dire che l’inceneritore non si poteva fare, si potevano solo suggerire degli aggiustamenti. La commissione fece rifare il progetto perché la macchina proposta era vecchia, praticamente un paccotto riciclato da noi. Tra le prescrizioni c’era quella che le balle da bruciare dovevano essere a norma con le leggi italiane: dovevano cioè contenere solo un certo tipo di materiale, avere un certo potere di produzione di calore e così via... naturalmente qusto andò stretto perché le balle accumulate in pianura non avevano le caratteristiche richieste dalla legge e quindi non potevano essere considerate carburante. Un disastro per le banche, rappresentate dall’ABI (Associazione Banche Italiane), che avevano finanziato la Fibe-Impregilo che si era aggiudicata la gara per la costruzione dell’impianto. Allora l’ABI si mise in moto e cominciò a smantellare l’ordinanza del 1998 fatta dall’allora ministro dell’Interno Napolitano. Nell’ordinanza si diceva che mentre si costruiva l’inceneritore le balle non avrebbero dovuto essere accumulate e conservate, ma avrebbero dovuto essere distrutte a spese della Fibe-Impregilo. Allo scopo di ottenere i sostanziosi CIP6 (i contributi statali previsti per la produzione di energie alternative), con modifiche successive le balle, invece di essere bruciate, vennero accumulate in attesa di essere bruciate nell’inceneritore che si andava costruendo, per ottenere quei contributi che sarebbero andati a finire nelle casse delle banche creditrici. Le pressioni sono venute dall’ABI. Chi regge le fila è l’ABI. I governi hanno solo obbedito a quello che diceva l’ABI.
Nella finanziaria del 2007 (governo Prodi), su pressione essenzialmente di Rifondazione Comunista, viene tolto il CIP6 per gli inceneritori non ancora costruiti. Una decisione che per l’ABI equivale a una mazzata: dopo tanto dispendio di forze e di energie per modificare a proprio favore una situazione che con l’ordinanza Napolitano li privava di lauti profitti, non potevano permettere che pochi parlamentari mandassero all’aria tutti i loro progetti. Io sono convinto che è su questo punto che è stata concordata la caduta del governo Prodi. Tutto infatti doveva ritornare ad essere come era fino a quel punto: consentire cioè di bruciare i rifiuti così come sono e incamerare i CIP6. A fine gennaio, e poi ai primi di febbraio, a camere sciolte Prodi, che doveva essere molto arrabbiato perché era caduto il governo e sapeva bene che la manovra veniva dall’ABI, invece di limitarsi alla normale amministrazione fa un piccolo colpo di stato: contraddicendo la volontà del Parlamento che aveva votato di togliere i CIP6, fa due ordinanze in cui, nella prima, dice che per Acerra e per Salerno (quando sarà) si riconcede il CIP6; e nella seconda dice che è possibile bruciare tutto e non solo le balle prodotte a norma di legge, come dice la Commissione VIA. Vale a dire che i rifiuti, così come sono presi dalla strada si possono bruciare.
Naturalmente Berlusconi vince le elezioni e immediatamente ratifica quello che aveva fatto Prodi. Cambia quindi il governo ma c’è continuità a vantaggio di Impregilo-ABI, soprattutto ABI, perché è l’ABI ad aver prestato i soldi a Impregilo e, quindi, deve potersi rifare.

Una politica strabica: contro la gente e a vantaggio dei ricchi e potenti 
Dei quattro inceneritori campani di cui è prevista la costruzione, quello di Acerra, ultimato ma non ancora in funzione, è stato progettato per smaltire 700 mila tonnellate di rifiuti l’anno. Gli altri tre ne smaltiranno altre centinaia di migliaia. C’è davvero bisogno di tutti questi inceneritori per i rifiuti della Campania? E perché l’apertura di Acerra incontra tante resistenze?

Ogni anno in Campania si producono circa 2,5 milioni di tonnellate di rifiuti. Poi ci sono da bruciare i milioni di tonnellate di rifiuti accumulati in Pianura, dalle 6 alle 8 tonnellate. Di carburante ce ne è in abbondanza.
Veniamo ad Acerra. L’inceneritore di Acerra è stato realizzato in ambiente già troppo inquinato attualmente. Per questo non si può consentire di accendere l’inceneritore. Anche un grammo di inquinante in più porterebbe oltre i limiti di inquinamento consentiti dalla legge. Ci sono allora due possibilità: o chi fa le analisi dell’inquinamento ambientale le falsifica, oppure, appena l’inceneritore viene acceso viene subito spento perché i ricorsi contro la messa in funzione dimostrano che l’ambiente è troppo inquinato e che non è possibile ammettere neanche una minima quantità di inquinamento in più.
L’inceneritore di Napoli sarà realizzato nell’ex area industriale, che è inquinata fino a 15 metri di profondità. Per la legge italiana l’inceneritore non può essere acceso se prima non si diminuisce l’inquinamento ambientale. Ora io sono sicuro che Berlusconi farà per Napoli lo stesso scherzo: farà un’ordinanza in cui, sempre in base all’art. 5 della legge 225, ordina l’inizio dei lavori dell’inceneritore di Napoli, nel frattempo si dovrebbe fare il disinquinamento ambientale in modo da ridurre il tasso di inquinamento e permettere l’entrata in funzione dell’impianto: quando fra qualche anno la costruzione dell’inceneritore sarà terminata l’inquinamento ambientale sarà finito e l’impianto potrà essere acceso. Se poi nel frattempo si finisce l’impianto e il disinquinamento ambientale non si fa, non importa. Ormai l’appalto è stato fatto, la macchina è stata venduta e chi doveva fare profitti se li è assicurati.
Sto parlando di previsioni, ma i dati sull’inquinamento ambientale sono fatti reali.
Una situazione disperata

Le responsabilità sono chiare ed è chiaro anche che cosa non si deve fare. Eppure proprio nella cava di Chiaiano posta sotto sequestro si è trovato amianto sversato, pare, in grande quantità in tempi recenti. Mancando la volontà politica, in una situazione anzi di connubio fra politica e affari, non è allora compito della magistratura intervenire? Perché non lo fa?

Manca anche nella magistratura ogni volontà di intervenire. Lo dico perché abbiamo avuto modo di verificarlo. Ho fatto l’analisi di quello che è avvenuto nelle cave attorno al Poligono [le cave di Chiaiano n.d.r.] usando le fotografie aeree satellitari fatte dal 1994 al 2007 e ho potuto ricostruire gli sversamenti di materiali che sono stati effettuati. Naturalmente si vede solo il cambiamento di livello da un anno all’altro; si vede che è stato aggiunto del materiale ma non si può dire che tipo di materiale né se lo sversamento era autorizzato (anche se possiamo dire che al cento per cento non era autorizzato). Ciò che fa impressione sono i volumi che sono stati accumulati tra il 1994 e il 2006. Ho calcolato che sono stati accumulati fra 1,2 e 2 milioni di metri cubi. C’è una cava a cento metri di distanza da quella sequestrata, profonda 70 m., che fino al 2000 era completamente vuota e che fra il 2000 e il 2006 viene completamente riempita. Non solo, ma al di sopra si mettono ancora altri 20 metri circa di materiale. La movimentazione è impressionante. Diciamo che una parte del materiale sia costituito dallo stesso detrito, visto che nelle cave si lavorava il tufo, si tratterebbe però di un 20% e anche meno, perché i detriti di tufo è materiale che si vende come pozzolana e quant’altro. È detrito utile. Da dove è venuto allora tutto questo materiale che ha riempito la cava e che materiale è? Un’altezza di 70 metri è pari a un edificio di 20 piani. Si vede poi chiaramente che anche in una zona a 20 metri dal poligono tra il 2000 e il 2006 vengono sversati materiali: si vede chiaramente perché lì c’era una strada che hanno spostato e poi hanno riempito dove c’era la strada. È questa un’area che è interessata alle opere accessorie alla discarica. Tant’è che l’hanno sbancata e hanno trovato l’amianto.
Ora, noi del comitato tecnico avevamo detto già prima di luglio che lo studio ambientale doveva essere fatto non solo nel fondo della cava ma anche in tutta l’area circostante perché il nuovo inquinante andava valutato sulla base dell’inquinante già esistente. Cioè, se io sono già avvelenato e non lo so anche mezzo grammo di altro veleno mi fa morire; se invece sono sano, mezzo grammo di veleno mi fa star male ma non mi fa morire. Lo stesso è per i luoghi: bisogna andare a vedere quanto veleno c’è già nell’ambiente circostante. Ci hanno risposto di no, che non dovevamo far loro perdere tempo, e che la caratterizzazione andava fatta solo dentro la cava. Poi sono andati a sbancare e hanno trovato l’amianto. Lo hanno movimentato mettendo a rischio innanzi tutto la salute e la vita degli operai che hanno lavorato alla movimentazione.

Un granello sporco di sangue
Ma tutto ciò non provoca nessun tipo di reazione? Non esiste una richiesta forte di rispetto delle leggi a tutela della salute e della incolumità delle persone?

In tempi normali sarebbe stato diverso. Ma qua, ora, siamo in uno stato di blindatura e di intimidazione tale che dovrà scoppiare qualcosa (e potrebbe essere benissimo una frana che si stacca dal costone) che provoca danni gravi e anche vittime per tornare a rispettare le leggi e a tutelare i singoli e la comunità. Ecco, questo potrebbe essere il granello cha farebbe inceppare qualcosa. Altrimenti la macchina continua ad andare senza che neanche il procuratore abbia possibilità o voglia di intervenire a bloccarla.
(continua)

1 Dell’art. 5 della legge 225, e di come attraverso questo articolo è possibile far durare una emergenza all’infinito, il Prof. Ortolani ha parlato nella prima parte della intervista, pubblicata nel mese di Dicembre 2008, pgg. 2 e 3 dell’inserto.

 

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